ASSOCIAZIONE CULTURALE CARLO SISMONDA
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Carlo Sismonda

Contributi critici e Approfondimenti
Biografia Carlo Sismonda
Da Interiori rivelazioni. Angelo Mistrangelo.
"DA INTERIORI RIVELAZIONI"

" Mai tempo di sosta: dovunque
qualcosa di noi si sposta alla ricerca
di ciò che deve essere ".
Giovanni Arpino (1)

Attraverso la scansione dei versi di Giovanni Arpino, si avverte il senso profondo dell’avvicendarsi delle stagioni della vita, delle immagini che emergono dall’assoluta e coinvolgente coralità di un concerto, dalla singolare percezione di un’emozione che diviene frase musicale, paesaggio, interiore rivelazione. In questa visione d’insieme, si colloca la ricerca di Carlo Sismonda ospitata nelle restaurate sale di Palazzo Pochettino a Racconigi, tra la pulsante energia del colore e la meditata descrizione di una natura intensamente rivisitata. Il "corpus" di opere di Sismonda, che unisce iniziativa pubblica e privata, permette di entrare nel suo mondo e cogliere il clima artistico del Novecento italiano, la sensibile definizione di un’ esperienza fortemente connotata e segnata - afferma lo scrittore Piero Flecchia - da un "espressionismo romantico" che si fonda "su una necessità di contenuti tecnici non meno vasti e approfonditi delle sue pur molteplici e intricate esperienze umane. Sismonda, definito come pittore dell’estro e del sentimento, è forse pittore ragionante e riflessivo quanto pochi". In tale visione risiede, a ragion veduta, il suo percorso, la forza di una narrazione legata ai luoghi in cui ha sviluppato personalissime atmosfere tra realtà e creatività, illuminanti accensioni cromatiche e raccolti interni, composizioni floreali e le case di un antico borgo montano, ricco di memorie, di trascorse esistenze, di silenzi che rievocano i versi di Cesare Pavese: "Verso sera/ la collina è percorsa da brani di nebbia,/ la finestra ne accoglie anche il fiato" (2) Tradizione e ricerca, vedute del Roero e i fogli di uno spartito musicale assumono il valore di un’intima testimonianza condivisa con la compagna Marisa Antonacci, con quanti frequentavano lo studio affollato di tele abbozzate, pennelli, tubetti di colori e disegni dalla grafia che ricorda la frequentazione di Luigi Spazzapan. Un segno rapido, incisivo, sorretto da un’attenta lettura del soggetto, tradotto in ritratti e autoritratti e nella puntuale costruzione del rapporto fra l’uomo e la propria storia, l’avventura dell’arte e la raffigurazione di una prova d’orchestra o di una Via Crucis. Nel "volto del Cristo, che Sismonda variamente tratteggia, soprattutto del Cristo crocifisso, si percepisce - nota Umberto Casale - dapprima il dramma, la ricerca e la vitalità dell’artista stesso, che conduce chi il quadro osserva e contempla, a cogliere qui il massimo del nascondimento e il massimo della rivelazione del mistero di Dio". (3) Il racconto di Sismonda appartiene indissolubilmente alle vicende sociali e culturali di Racconigi, alla storia del Castello Reale, polo museale del circuito delle Residenze Sabaude del Piemonte e Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, e agli incontri e conferenze promosse dall’Associazione culturale umanistica "All’ombra del Monviso", presieduta da Mario Abrate, sino ai diversi aspetti e interventi legati agli artisti della Provincia Granda. In questa angolazione, Anna Cavallera ha pubblicato, negli atti del convegno "Zoé. Esistenza e vita dall’uomo vitruviano al post-umanesimo" 2019, il saggio "Omaggio a Beethoven" che pone l’attenzione sulla "sintesi lirica paesaggistica" e la "gamma coloristica" di Sismonda, in una rappresentazione che è "testimonianza del pittore, del concertista, dell’autore di composizioni di musica sia da camera che sinfonica". (4) Un contributo che suggerisce un’ulteriore chiave di lettura degli elementi tecnici ed artistici che presiedono alla formulazione del discorso di Sismonda, all’interpretazione della natura e del territorio secondo una vibrante e tormentata tavolozza che richiama la stagione di Vincent van Gogh e degli espressionisti tedeschi. Mentre in una serie di lettere, citate da Piero Flecchia nel catalogo della mostra Carlo Sismonda "Dagli Evangeli" di Palazzo Bricherasio (5), si scoprono determinanti riferimenti al suo percorso: "Caro Sismonda, ..hai del talento..continua a dipingere" (Luigi Spazzapan) o "Caro Sismonda, ...lei è un bravo pittore, una giovane promessa..(Carlo Levi) o, ancora, recita Renato Guttuso "...la sua pittura mi piace immensamente...". E sono frammenti, che mettono in evidenza il dialogo con i personaggi della cultura visiva del secondo Novecento e un linguaggio che si "apparenta più facilmente - rileva Martina Corgnati, nel pregevole catalogo monografico "Carlo Sismonda. 1929-2011" (6) - a quello di un Nolde, di un Heckel, di uno Schmidt-Rottluff (cui lo avvicina anche la passione per la xilografia ...) che a quello di un, pur ammiratissimo, Carrà". "Non a caso, prosegue Martina Corgnati, in Germania l’artista si ritrova a casa: apprezzato da critici e storici dell’arte come Volker Probst, direttore dell’Albert Konig Museum di UnterluB e poi dell’Ernst Barlach Museum di Gustrow, che gli acquista un dipinto per il suo museo". E Rodiek Thorsten, della Staatsgalerie Stuttgart, parla di un "linguaggio, filosofico, personalissimo, che, partendo dalla realtà e modificandola, è in grado di proferire affermazioni di valore essenziale anzi esistenziali". Ripercorrendo il cammino di Sismonda affiorano gli anni di formazione nelle scuole di Racconigi, lo studio della musica e contemporaneamente del disegno, la partecipazione alla Resistenza come staffetta del C.L.N. della città in cui era nato nel 1929. Una vita, la sua, difficile e complessa, caratterizzata dal periodo trascorso con i pittori Vittorio Risso e Ego Bianchi, allievo all’Accademia Albertina di Cesare Maggi, e il "Gruppo pittori Provincia Granda", che aveva fondato con altri giovani artisti. Recatosi a Parigi nel 1957, ha avvertito la forza innovativa della lezione dei "Fauves", maturando una visione europea della pittura. Le mostre con "Les Fréres d’art", la personale alla Galleria Caver di Torino e quelle allestite a Milano, Genova, Venezia, Parigi, Zurigo e Monaco, costituiscono un importante documento della sua attività segnalata in più occasioni da Filippo Scroppo, Miche Berra, Marziano Bernardi, Luigi Carluccio e Albino Galvano. Quest’ultimo osserva che ogni cenno realistico delle immagini "è superato e trasfigurato in simbolo. La presenza di Cristo è quella di un volto che sovrasta la folla, la cui umanità appare meno nelle presenze fisiche della sua natura di uomo, ma aumenta nella compresenza della natura divina che in tutti noi lo rende incommensurabile e lontano, pur del suo avere assunto e parvenza d’uomo..." (7) E dalla retrospettiva al Castello Reale di Racconigi del 1964, con l’intervento critico di Angelo Dragone, alla rassegna itinerante del 1983 che tocca le città di Colonia, Stoccarda, Kiel e Hannover, promossa con il patronato del Ministero della Cultura Italiano, fluisce l’appassionato impegno espositivo di Sismonda arricchito dalla collocazione, nelle raccolte d’arte contemporanea di Città del Vaticano, dell’opera "Sacra conversazione", dalle presenze ai Musei romani di Villa Torlonia e alla rassegna allestita, nel 2012, al Centro Congressi Palazzo della Provincia di Cuneo, Castello di Barolo e Castello di Racconigi. In ogni occasione, emerge la continuità e la dimensione di un dipingere che esprime, di volta in volta, il fascino delle impressioni parigine e del paesaggio piemontese, le straordinarie tavole d’Arte Sacra e le pagine, al limite dell’astrattismo, che appartengono al suo racconto per immagini sfociato nella retrospettiva "Carlo Sismonda. La luce nel sacro", ordinata nel 2014 negli accoglienti spazi della Castiglia di Saluzzo. Pittura, musica, meditazioni sull’essenza e il valore della vita, delineano l’itinerario artistico, e non solo, di Carlo Sismonda, l’adesione all’ambiente naturale, la segreta magia di contenuti permeati da un sottile misticismo e spiritualità. Ogni espressione del volto, ogni accentuato cromatismo, ogni figura risolta nello spazio ("Anche per l’uomo si fa sera", che evoca Salvatore Quasimodo), si identifica all’interno di un dettato denso di liriche modulazioni, di cieli plumbei e campi di papaveri, che Palazzo Pochettino rivela con una riapertura nel segno della cultura, della storia e di una pittura sensibile al variare della luce.

Angelo Mistrangelo
Giornalista e Critico d’arte

Note
1. G. Arpino, "Mattino presto", da "Il prezzo dell’oro", I poeti dello "Specchio", Arnoldo Mondadori Editore, 1957.
2. C. Pavese, "Dopo", da "Poesie edite e inedite", a cura di Italo Calvino, Einaudi, 1962.
3. U. Casale, "Il Colore e l’Invisibile", dal catalogo "Carlo Sismonda. La luce nel sacro", La Castiglia, Saluzzo, 2014.
4. A. Cavallera, "Omaggio a Beethoven", da "ZOE’. Esistenza e vita dall’uomo vitruviano al post-umanesimo", atti del convegno, Associazione culturale umanistica "All’ombra del Monviso", Racconigi, 29 giugno 2019.
5. Carlo Sismonda "dagli Evangeli" (catalogo), Cassa di Risparmio
7. di Torino, scritti e contributi di Giuseppe Pollarolo, Albino Galvano, Andrea Rossi, Gianni Delzanno, Piero Flecchia, Palazzo Bricherasio, Torino, 15 giugno-15 ottobre 1978.
6. M. Corgnati, "Un espressionista a Racconigi, in "Carlo Sismonda 1929-2011", a cura di Martina Corgnati, contributi biografici e bibliografici, Skira Editore, 2012.

RIFERIMENTI BIO-BIBLIOGRAFICI
- "Carlo Sismonda. La pittura del silenzio" (catalogo), a cura di A.M.Winter, M.Panero, M.Berra, Opere 1990-1999, Palazzo Salmatoris, Cherasco, Bianca&Volta Editori, 10 aprile - 9 maggio 1999.
- "Paesaggio e anima. Miscellanea in onore del Maestro Carlo Sismonda nel suo LXXV compleanno", 28 agosto 2004, Città di Racconigi, Litostampa Mario Astegiano, Marene, Cuneo, 2004.
- A. Mistrangelo, "Nel segno della spiritualità", in "Gli Evangeli" di Carlo Sismonda negli Accueil della Sindone, Cottolengo e Maria Adelaide, Ostensione Santa Sindone 2015, Torino 19 aprile - 24 giugno 2015.
- C. Morra, "Il mondo colorato di Carlo Sismonda" (catalogo), Saletta d’Arte Celeghini, Carmagnola, 29 agosto - 6 settembre 2015.
- A. Mistrangelo, "Sismonda e la poetica pavesiana", in "Le colline di Pavese", anno 40, n.151, luglio 2016.
- "Nella luce del Sacro, L’arte di Carlo Sismonda tra pittura e musica", Palazzo Lomellini, Città Carmagnola Assessorato alla Cultura, Associazione Culturale "Carlo Sismonda", Saletta d’Arte Celeghini, contributi di M. Abrate, A. Cammarata, U. Casale, A. Cavallera, P. Flecchia, G. Gancia, A. Mistrangelo, C. Morra, 7 ottobre - 6 novembre 2016.
- 175° Esposizione Arti Figurative (catalogo), Carlo Sismonda opere: "Luce, colori e calore del Sole sono l’estasi della vita", 1997, "L’attesa", 1995, Società Promotrice delle Belle Arti, Parco del Valentino, Torino, settembre-ottobre 2017.
- Il Platano, rivista di cultura astigiana, anno XLIII, 2018.
- 178° Esposizione Arti Figurative (catalogo), Carlo Sismonda opere: "Prati della pianura cuneese, 1977, "Pensando a Picasso", 1999, Società Promotrice delle Belle Arti, Parco del Valentino, Torino settembre-ottobre 2020.
- Archivio Storico Società Promotrice delle Belle Arti in Torino
- Archivio Storico Carlo Sismonda in Racconigi
- Archivio del Comune di Racconigi
- Archivio Museo Diocesano di Torino
- Dell’opera di Carlo Sismonda si sono occupati scrittori, critici d’arte, giornalisti con saggi, recensioni, segnalazioni pubblicate su quotidiani e settimanali, riviste culturali italiane e straniere, cataloghi e volumi d’arte, servizi televisivi RAI ed emittenti private.
Carlo Sismonda. Un espressionista a Racconigi. Martina Corgnati
Per intendere forse più approfonditamente il lavoro di Carlo Sismonda, bisognerebbe tentare di vedere i suoi lavori come “parte di un tutto” armonico, cui partecipa anche la musica, una musica implicita ma costante, un progetto tanto visivo (o visionario) quanto sonoro (e sinfonico) di bellezza. E non è un caso che questa apparizione suprema e alta, potremmo forse chiamarla, alla bellezza si incontri con una dimensione che, da un certo momento in avanti (negli anni settanta), si fa apertamente, felicemente e produttivamente non solo sacra, ma proprio religiosa in senso cristiano. L’arte sacra di Sismonda costituisce un capitolo a parte della sua produzione, di cui in questa occasione si è voluto dare soltanto pochi ma significativi esempi, come i bozzetti per la Via Crucis, pubblicati qui per la prima volta. Fondamentale resta però una mostra Dagli Evangeli, tenutasi a Palazzo Bricherasio a Torino nel 1978, in cui Sismonda presentò tutto in una volta, e quasi all’improvviso, le sue tavole dedicate agli Evangeli: opere di disarmante semplicità, sempre narrative e simboliche, in cui l’artista sembra quasi volutamente dimenticare quello che sa fare e abbracciare piuttosto un linguaggio questa volta sì naïf, come diceva Dragone. […] Vale la pena di insistere, in effetti, sul tentativo di Sismonda di adottare un linguaggio di portata universale per comunicare un messaggio universale, di non concedersi divagazioni, di non fare neppure le cose troppo “bene”, dando spazio all’edonismo della pittura e del colore che, altrove, come abbiamo visto, lo conquista, anzi, costituisce una sua cifra importante. Qui invece sembra quasi che Sismonda abbia cercato di applicare la parabola, di tornare bambino per lasciar fuori il superfluo, appunto, l’abilità, il narcisismo della pittura e includere solo quella che Galvano chiama, opportunamente “commozione”. E, anche in opere di soggetto sacro estranee a questo ciclo, come per esempio nelle numerose natività della prima metà degli anni novanta, Sismonda rinuncia infatti a qualunque connotazione fisiognomica, a qualunque particolarità individuale, per tentare di rendere i contorni e le silhouettes dei protagonisti di storie senza tempo, senza confini, senza circostanze, ma ancora e ancora attualizzabili e ripetibili in contesti diversi: così una Natività del 1991 sembra svolgersi sullo sfondo del Cremlino, in una Russia ortodossa ed evangelizzata dai Santi Cirillo e Metodio, perfettamente adatta ad accogliere il senso di un evento che accade contemporaneamente ovunque si voglia leggerlo e vederlo. E questo che, a mio parere, tenta di fare Carlo Sismonda in queste grandi composizioni dai colori singolarmente ordinati e “educati” alla disciplina della forma, più “plastici” in una parola. Va anche detto però che, a quest’epoca, cioè dopo la malattia e l’intervento che nel 1990 irrompono a turbare la continuità della sua esistenza e del suo lavoro, l’olio, fortemente tossico, è diventato per lui un frutto proibito, una tentazione da cui tenersi il più lontano possibile; e che l’acrilico, inevitabile ripiego e nuovo territorio tecnico da esplorare, non consente la densità, la pienezza, la ricchezza e la morbidezza degli impasti disposti strato a strato, l’uno nell’altro, che Sismonda aveva tanto amato e in cui aveva trovato una valenza personale ed esuberante della sua pittura. Tuttavia, è notevole la ricchezza di effetti, la vivacità e l’intensità di toni e la corposità dell’insieme che Sismonda riesce a ottenere, nel tempo, cioè nell’ultimo ventennio della sua esistenza, anche con questo tessuto pittorico più sottile e, tutto sommato, meno generoso. Dialogo dell’albero con i colori (1992), ad esempio, è un dispiegamento caleidoscopico di contrasti cromatici che giocano soprattutto sulle campiture di toni puri, mentre Terre Rosse (2000) sfrutta al massimo grado e senza tema di inattualità, la vecchia dicotomia teorizzata da Kandinskij fra gamme calde, vicine, luminose, presenti, esplosive quasi, e fredde, lontane, sfumate, dissolventi, e volte ad annunciare l’infinito».

Martina Corgnati, 2012
Storica dell’arte
Il colore e l’invisibile. Don Umberto Casale
IL COLORE E L’INVISIBILE

L’ampio ciclo pittorico di Carlo Sismonda chiamato comunemente “arte sacra”, è in realtà, data anche l’ambiguità del concetto di “sacro”, arte cristiana di profonda ispirazione biblica. Si tratta dell’espressione, luminosa e oscura a un tempo, della dimensione religiosa dell’uomo, della sua instancabile ricerca, della sua irriducibile spiritualità e di quella inquietudine che è il punto partenza per la ricerca della verità, della bontà e della bellezza, che alfin si congiungono nell’amore più grande. «Cor nostrum inquietum, donec requiescat in te», così Agostino sintetizza icasticamente questa fondamentale, incancellabile (sebbene non pochi potentati di questo mondo hanno tentato e tentano di …) esperienza umana.
Di ispirazione biblica si diceva: in effetti la Scrittura è un immenso “codice estetico”, un ampio “atlante iconografico” (M. Chagall), dal qual hanno attinto artisti e letterati di ogni tempo e di ogni dove. Le grandi narrazioni bibliche, i temi e le immagini, le poesie e le parabole hanno parlato al cuore di ogni generazione e hanno ispirato innumerevoli capolavori in ogni settore delle arti. Questo vale anzitutto per la musica: se le arti si danno come strumento efficace per far brillare l’ideale a cui l’uomo tende, quale arte si presta meglio, nel dargli figura, della musica, la quale lavora sul suono – la più malleabile delle materie – e non incontra pressoché limite alcuno? Così la musica è scienza dell’anima più che arte dei suoni, una simbolica dell’ascolto (ascolto che è principio di conoscenza e condizione di riconoscimento di sé e dell’altro). Ogni arte lo è in quanto analogon: certe qualità del divino che afferriamo col pensiero, le possiamo analogicamente rendere sensibili alla materia. La verità, che è pensiero, diventa, nella dimensione materiale, bellezza. Nella musica di W. A. Mozart, per ricordare un esempio mirabile, si percepisce un percorso musicale che disegna come l’immagine dell’itinerario umano dall’eterno al tempo, dal tempo all’eterno.
Un percorso analogo si riscontra nella pittura: diversi artisti – come qui Sismonda – hanno ri-tratto la storia biblica con maestria e bellezza. Non sono soltanto i personaggi, gli eventi e i temi biblici a essere illustrati, direi colorati dal maestro racconigese; è la stessa economia della rivelazione cristiana a tralucere nelle tele: Dio si mostra come mysterion, che si manifesta, che si dà a vedere nascondendosi, e si occulta rivelandosi. Un maestro del colore può esibire simile dinamica: i colori, più che prodotti chimici, sono apparizioni misteriose, come mostra l’etimologia: il latino color rimanda a colere, che significa nascondere, celare (G. Devoto). Il colore è ciò che ricopre, che nasconde l’essenza ultima delle cose. Nasconde e, in questo modo, rivela. Il colore dice il mistero nell’unico modo possibile: dice che il mistero esiste. Non lo spiega, quasi fosse un indovinello; non lo risolve, quasi fosse un quiz per figuranti televisivi, non lo svela, quasi fosse una formula magica. Lo fa invece tralucere, come un velo deposto su un oggetto ci fa notare meglio quell’oggetto, proprio sottraendolo alla nostra vista. «Il colore è un mezzo per esercitare sull’anima un’influenza diretta – scrive un gran maestro del colore – è il tasto, l’occhio, il martelletto che colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde» (W. Kandinskij).
Come nel volto del Cristo, che Sismonda variamente tratteggia, soprattutto del Cristo crocifisso, si percepisce dapprima il dramma, la ricerca e la vitalità dell’artista stesso, che conduce chi il quadro osserva e contempla, a cogliere qui il massimo del nascondimento e il massimo della rivelazione del mistero di Dio; così come nel Cristo risorto a intravedere “la Bellezza che salva” (F. Dostoevskij) e che raggiunge il massimo splendore, una fuggente anticipazione della vita piena, gioiosa e bella, una visione reale dell’invisibile. L’artista ricerca la bellezza e la sua rappresentazione con i colori (e con i suoni, i versi…), ma egli sa che la bellezza non è un mero oggetto, bensì una Weltanschauung, una visione del mondo, una fede, nella quale l’artista mostra grande rispetto per la bellezza, consapevole com’è della sua inesauribilità e della sua inafferrabilità, della sua trascendenza.
Nel trittico “la Trinità”, nella via crucis come “dagli Evangeli” e nei quadri ‘biblici’ della Pinacoteca di S. Giovanni Battista (Racconigi), Sismonda mostra di essere consapevole della ineffabilità e della misteriosità della bellezza, sa che per illustrare la bellezza è necessario una ricerca indefessa per possedere uno spirito creativo e una creatività del linguaggio non per catturare la bellezza, ma per coglierne e assaporarne qualche raggio del suo splendido fulgore e della sua imprevedibile libertà. Al creare artistico si addicono le forme della trascendenza, figure inaccessibili al linguaggio, concettuale, l’altezza e la profondità della trascendenza, dimora della vera bellezza.
L’invito contenuto nel “Messaggio agli Artisti” che il concilio Vaticano II (1965) ha diffuso al termine dei suoi lavori è stato colto dal nostro pittore: «Non chiudete il vostro spirito al soffio dello Spirito di Dio. Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione». La bellezza, come la verità, mette la gioia nel cuore degli uomini, è un frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e la fa comunicare nell’ammirazione. Di fronte ai suoi colori la percezione della bellezza va al di là del mero ambito estetico, giacché il bello è la forma affettiva del vero e del buono, è la più amabile manifestazione del Logos divino fattosi uomo. «La presenza della bellezza nel mondo (nell’arte, nella natura …) è la prova sperimentale della possibilità dell’incarnazione: l’Amore è disceso in questo mondo sotto forma di bellezza» (S. Weil). Questo coglie il pittore: la bellezza del creato (ma anche le sue brutture poi trasfigurate) è il sorriso che Cristo rivolge a noi tramite la materia, tramite i corpi. Il bello è la prova sperimentale che l’incarnazione è possibile, che la Bellezza insuperabile e donata è «Gesù Cristo, incarnazione di Dio e divinizzazione dell’uomo. Il Cristianesimo è il principio sovrabbondante e mai superabile di ogni estetica, la religione estetica per eccellenza» (H. Balthasar).

Don Umberto Casale
Teologo e Scrittore
Vice Presidente Associazione Culturale Carlo Sismonda APS
Nella luce del sacro. L’arte di Carlo Sismonda tra pittura e musica. Mario Abrate
Nella luce del sacro
L’arte di Carlo Sismonda tra pittura e musica

La coscienza, per il tramite del linguaggio, pone in essere un lavoro di elaborazione prettamente simbolica: il simbolo permette il nostro accedere all’integrazione e all’armonia della totalità della coscienza perché fa riemergere i significati nascosti di origine ancestrale, mitica, tradizionale e culturale che sono comunemente insidiati nei segni, nelle parole, nelle narrazioni umane. Questa tensione verso l’elemento spirituale, ragione della grande forza suggestiva dell’arte del Maestro Carlo Sismonda, ha trovato forse la più articolata e compiuta espressione nel ciclo, esposto nel 1997 a Bonn, «Beethoven con i colori di Sismonda». In questi dipinti, pensiero e immagine si fondono entro un continuum che si muove, rispetto alla musica del grande Maestro tedesco, non come esegesi, codice interpretativo, ma riconferma, attraverso l’immagine simbolo, dell’universo di suoni organizzato dal musicista come descrizione del destino umano. Attraverso Beethoven, Carlo Sismonda afferma un’oggettività trans-storica, una trascendenza nella rappresentazione degli eventi nel teatro della coscienza che impone il grande scarto metafisico come percezione di ogni evento nel qui e ora, possibilità in fieri in ogni persona, ogni attimo, ogni immagine della vita. Questa tensione, da riconquistare dipinto dopo dipinto, realizza ed è a un tempo la forma di comunicazione della sofferta e tumultuosa vita del musicista e pittore Carlo Sismonda, cittadino di Racconigi e artista universale. Ed è questo il profondo e nobile messaggio che Sismonda ha voluto rappresentare con la sua opera, ben sapendo, però, che resterà soltanto un messaggio di speranza, e che l’arte, in quanto fenomeno universale, trascende e abolisce le barriere tra uomini, etnie, popoli ed epoche storiche. In un mondo come il nostro, in cui il volgare ed il mediocre proliferano all’infinito in nome del più sfrenato edonismo, l’opera di Carlo Sismonda ci fa capire come l’arte sia profondamente necessaria alla sopravvivenza dell’umanità.

Mario Abrate
Omaggio a Beethoven; sinfonia n.6 in fa maggiore, “Pastorale”, olio su tavola, 1982. Anna Cavallera
Carlo Sismonda: «Omaggio a Beethoven; sinfonia n.6 in fa maggiore, “Pastorale”, olio su tavola, 1982».

Un sorprendente paesaggio campestre concentra la tensione espressiva del pittore Carlo Sismonda, rivolta alla vera musa ispiratrice cui si orientò la sua pittura. Nello stile riconoscibile ed ineguagliabile, si individuano la costruzione formale di una profondità prospettica elaborata per piani, una pittura dal vero trasfigurata dall’intensità del colore puro, una depurazione dell’istantaneità ed il potenziamento dell’equivalente cromatico. Sintesi lirica paesaggistica: i lenti piani inclinati degradano in una gamma coloristica ricchissima, con forti campiture blu, rosse e rosa, annullate ed unite nei verdi, a definire una linea dell’orizzonte alta, in cui un cielo nuvoloso, scuro e minaccioso sui lati, si alleggerisce in chiare e rosee spume di vapori dalla forte luminescenza malinconica. L’immagine vuole rappresentare l’«Omaggio a Beethoven: sinfonia n. 6 in fa maggiore,“Pastorale”», olio su tavola del 1982: testimonianza del pittore, del concertista, dell’autore di composizioni di musica sia da camera che sinfonica. Appartiene alla serie delle Sinfonie, un ensemble ispirato alle note composizioni di Ludwig van Beethoven (1770-1827): la Sinfonia n.6 in fa maggiore, op 68, eseguita per la prima volta a Vienna al Teatro “An der Wien” il 22 dicembre 1808 e chiamata La Pastorale, è forse la più eccentrica ed enigmatica tra le sinfonie del grande compositore, pianista e direttore d’orchestra tedesco, ed indica la precisa volontà di caratterizzare musicalmente un tuffo consolatore nella natura all’epoca in cui, a trentotto anni, venne colpito dalla sordità. Elementi, questi, ben noti al pittore Sismonda, il quale, conoscendo le annotazioni dei Quaderni del celebre compositore, si rivolge con pennelli e sensibilità artistica ai molteplici fenomeni naturali: dal primo Movimento, allegro ma non troppo, intonato dai violini e impostato sul tema della campagna, attraverso i successivi quattro Movimenti, compone immagini in cui la fantasia coniuga suoni ed immagini di acque e ruscelli, tuoni e tempeste, in un insieme di corrispondenze straordinarie di flauti, clarinetti, corni, trombe, timpani ed archi. La pittura non è solo pittura, non esprime sentimenti confusi e tumultuanti, non è pura sensibilità, non imita e non obbedisce alla pura visibilità. In quest’opera e in questo ciclo pittorico, Sismonda traduce in immagine e colore, con elegante forza dirompente, un’idea musicale, consacrando su carta e dirigendo una grammatica pittorica sostanziata di luce, dinamismo, tempo e ritmo. Nasce una doppia compenetrazione tra ambiti creativi che rappresenta contemporaneamente l’importanza di una componente a-logica nelle arti, capace di amalgamare tra loro i diversi sensi: percezioni uditive, visive, olfattive e tattili che si fondono ed esaltano. Una meravigliosa serenità rimanda all’iter ideale della Pastorale, dalle pagine di Goethe ad alcune dei «Dolori del giovane Werther», con accenti che sembrano evocare immagini e colori ispirati al verde e al silenzio della natura. L’impostazione classica sposa il senso elegiaco dello scorrere del tempo e rispecchia il mondo antico, le coordinate geometriche della creazione, il “quadrato”, a rappresentare la terra, e il “cerchio”, simbolo del cielo e dell’universo, rappresentati nel modello grafico proporzionale dell’uomo Vitruviano, con la corrispondenza tra corpo umano e geometria e, a posteriori, simbolo dell’Umanesimo. I prodromi si ritrovano nell’arte greca, nella ricerca di forme esatte e geometriche, pertanto non transitorie e indicano la costante, ovvero la ricerca dell’assoluto nella perfezione della forma geometrica e nella proporzionalità. Dal Canone di Policleto, attraverso la Ponderatio e il Chiasma, allo Schema Vitruviano, l’uomo è destinato a trasformarsi e infine a scomparire. Eppure l’idea di uomo è immutabile e perfetta, anche se l’artista osserva la realtà come gli appare, non traduce in immagine l’apparenza ma l’idea eterna relazionata all’uomo. L’uomo di ieri e di oggi che corrispondenze e progressive alterazioni, manipolazioni genetiche, mutazioni antropologiche, anticipano in un post-umano, un cambiamento della natura stessa del corpo; come affermava Stefano Rodotà su Repubblica il 6 dicembre 2004: «viviamo l’eclisse dell’autonomia della persona nel tempo del capitalismo automatico, dove un’ininterrotta raccolta di informazioni sulle persone affida ad algoritmi la costruzione dell’identità.» Egli poi concludeva affermando: «L’umano e la sua custodia, si rivelano allora non come una resistenza al nuovo, al timore del cambiamento o come una sottovalutazione dei suoi benefici. Si presentano come consapevolezza critica di una transizione che non può essere separata dai principi nei quali l’umano continua a riconoscersi.». Tutto cambia; nel frattempo vorremmo continuare a contemplare lo smisurato orizzonte che sprofonda nei cieli colorati di Sismonda, negli specchi d’acqua trasparenti e limpidi, nelle verdi distese dei prati e nei campi rossi di papaveri nel mese di giugno…

Anna Cavallera
Volker Probst
«L’occhio percepisce di muoversi attraverso un paesaggio che immediatamente rivela una visione fortemente unitaria. Alcuni motivi sono ripetuti: alberi, cespugli, viottoli, campi, prati, cascinali che si stagliano contro cieli tempestosi. Lo stagliarsi dell’impenetrabile fuoco verde del cipresso è l’emblema della patria mediterranea dell’artista; cifra di una cerchia culturale, la cui storia è strettamente collegata a questo paesaggio. La vitalità della natura, il paesaggio e l’uomo trovano la loro quasi sismografica espressione nello stile. Sismonda stende il colore con una pennellata vibrante. I suoi brevi, forti tratti di pennello, le sue “virgole” di colore, rivelano il tratto psicologico del tocco, così come la sua coloristica. La commozione fiammeggiante del paesaggio rivela l’anima dell’artista. Le associazioni a famosi predecessori: alla pittura di Vincent Van Gogh, o alle “Femmes dans les fleurs” di Claude Monet, sono l’inevitabile effetto della nostra memoria visiva. In modo analogo lavora l’artista. In lui sono famigliari e presenti in una sorta di “atlante di quadri”, - come lo ha definito il grande storico dell’arte tedesco Aby Warburg – le correnti fondamentali della storia dell’arte europea; i cui elementi gli servono da sfondo visivo e da fonte di ispirazione e possono servire da punto di partenza di creazioni proprie. Lo scrittore italiano Piero Flecchia, in un suo contributo su Carlo Sismonda, parla di un “processo di citazione” (catalogo “Beethoven e i colori di Sismonda”, Bonn 1997, pag.19). […] Nell’opera di Sismonda, per l’assalto del colore, entra nel paesaggio una componente di eroismo, fino a lui assente nella pittura mediterranea. Il sublime, una categoria che ha le proprie radici nella filosofia inglese della natura del XVIII sec. fu recepito anche nella teoria della pittura… Questa progettualità poetica si ritrova nel paesaggio di Sismonda; che si situa tutto oltre la riproduzione “topografica”; e si connota come espressione. Nell’oscurità, che è la tonalità di base, Sismonda utilizza l’intensità e la tensione della composizione per esaltare l’espressione. Mentre i paesaggi pervasi da un senso di pace sono l’eccezione, nei più domina un senso drammatico. Siamo davanti a una concezione del paesaggio che rimanda al nord, dove gli Espressionisti all’inizio del XX sec. Ruppero in modo radicale con la gradevolezza dell’Impressionismo, esemplificabile in Auguste Renoire. La pittura di paesaggio di Sismonda si situa più in prossimità ad un Emil Nolde che a Max Lieberman. La caducità è la costellazione nella quale si inscrive il mondo fenomenico»

Volker Probst, 2004.
L’arte pittorica di Carlo Sismonda in Germania. Werner Bernhard Letz
L’arte pittorica di Carlo Sismonda in Germania

[…] Grazie all’opera del suo conterraneo Antonio Maria Caprano, Carlo Sismonda ha trovato in questa regione della Germania una stabile cerchia di amici, mentre i musei hanno collocato nelle loro collezioni sue opere. Tra gli altri, il Museo Civico di Branunschweig, l’Helms-Museum di Hamburg-Harburg, l’Alberto Konig Museum di Unterluss, il Museo del Principato di Lunebürg, il Peiner Kreismuseum, il Museo Diocesano di Hildesheim, mentre i quadri a tema biblico hanno trovato spazio in alcune comunità ecclesiali. Nella chiesa evangelico- luterana di Bernward a Gross Lafferde c’è un’importante “deposizione”, mentre nel monastero cattolico femminile di San Egidio a Branunschweig, da alcuni anni è esposto un nucleo di quadri a tema sacro di Carlo Sismonda. Anche i comuni di Branunschweig, Lunebürg, Müden-Őrtze, Goslar e Harburg hanno voluto acquisire nel loro patrimonio artistico dipinti di Carlo Sismonda; la cui opera, nel frattempo, si è diffusa presso singoli appassionati e presso numerose collezioni private. […] Da allora ho sempre riflettuto sulla strana forma di espressione, che appare stilizzata, utilizzata dall’artista nelle sue opere religiose, e mi sono dato una spiegazione, soprattutto meditando sulla sua “deposizione” (1996), oggi della comunità della chiesa di Bernward a Gross Lafferde nella diocesi di Hildesheim. Carlo Sismonda conosce questa cattedrale e vi ha sognato al grande organo Schuke. Riflettendo su quell’esecuzione mi è improvvisamente diventato chiaro che il modello guida seguito da Carlo Sismonda nella sua pittura sacra è la forma iconograficamente severa della rappresentazione di contenuti religiosi al tempo del Romanico»

Werner Bernhard Letz, 2004.
Un’arte che è lo specchio del suo grande cuore. Miche Berra
«Carlo Sismonda nei sui quadri condensa, con vibrante puntualità, la propria storia. Quella cioè di un uomo che ha molto sofferto. Quadri che sono anche la confessione di tanti conflitti interiori e delle poche certezze. Soprattutto, la vicenda umana che cerca Dio dovunque: nelle cose più dimesse e in quelle gigantesche, nell’albero che sfida la bufera e nello stelo di un fiorellino, nel chiocchiolio di un ruscello e nel ritmo possente del mare. E, che riconosciutolo, ne celebra il sublime dogma con la felicità di essere vivo e di poterlo amare. Il suo iter pittorico è sbocciato ai limiti di un moderno naturalismo e pur sentendo l’influsso dell’impressionismo come necessità spirituale, lo subì soltanto marginalmente, voltandosi presto in un allobrogo espressionismo, fatto di gridi cromatici al suo temperamento, al suo sentire poetico. Allobrogo perché quello di Sismonda non è un derivato dell’espressionismo tedesco, un mero fatto di cultura, la coniugazione di un verbo altrui. Sismonda s’è accostato ai modi espressionistici riconoscendoli consanguinei. Per affinità elettiva, ma la modulazione cromatica recuperata nell’ambito di una cultura inalienabile, era già nel sangue sicuramente prima di essere cultura: il suo colore piange e canta. La sua pittura si offre come un’inequivocabile evidenza, dove la natura, più che descritta, è esaltata. E dove c’è un bisogno, quasi fisico, di stare accanto alla terra e all’uomo, per potersi meglio innalzare. Un’arte, quella di Carlo Sismonda, che è lo specchio del suo grande cuore»

Miche Berra, 2003.
Un atlante diverso, una finestra da dove guardare un mondo terso e pulito. Gianni Delzanno
Ha conosciuto il disinganno e l’amarezza, l’indifferenza e la delusione ma si è fatto largo con indomabile volontà anche attingendo alle risorse della fede, trovando stimolo e rivincita nella “sacralità”, in un rituale che lo poneva al riparo ed al di sopra degli sgradevoli fenomeni esterni, che gli dava speranza. Fiducia. Quando, modesto garzone di bottega, nei ritagli di tempo (e Dio sa quanto poco ne rimaneva con quei ritmi di lavoro), modellava un Cristo (tema che tornerà in infinite composizioni e si ripeterà nei “Volti” dei semplici, degli onesti, degli umani, dal fabbro al pescivendolo, al marinaio), Carlo elargiva un atto di fede profonda, rispondeva ad una interna presenza corticale, ad un preciso stato di coscienza: apriva un atlante diverso, una finestra da dove guardare un mondo terso e pulito, pieno di fiori, di bambini ed animali, di musica e suoni. Le creature di Dio. Le creature del Vangelo.

Gianni Delzanno, 1978
La pittura è una follia. Carlo Sismonda
La pittura è una follia, una dolce follia che si apre una grande strada dentro di noi. Guardo il cielo, l’acqua, la montagna, la terra, il bel viso di una donna, il volto di un vecchio, gli animali, le foglie, il circo equestre, un oggetto del nostro quotidiano, e tutto è pittura, è immagine. Così vedo il mondo e le cose che mi circondano, la fantasia si commuove, i sentimenti si fanno linee e colori: un puro equivalente di me stesso. Tutto è bello. Ogni immagine ha per me qualcosa di vero e di puro.

Carlo Sismonda
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